Friday, September 21, 2012

114. indian style

Respirare in India, ecco cosa mi è saltato in mente, di respirare un odore grigio, non colorato come pensavo. Certo i colori ci sono, quanti Dio Santo, ma non sono i colori che fanno l'India. Il fiume si trascina dietro ogni cosa abbia una forma, un corpo, un peso specifico naturale. Le mucche si nutrono di plastica bianca e qualcuno dice che il loro intestino è ormai diventato duro e malato. Quando bevevo il lassi, nel Blue Lassi, mia insostituibile salvezza subito dopo le sofferenze della lunga notte in treno verso Varanasi, pensavo: "Ma se il lassi è fatto di latte e il latte arriva dalle mucche la mia vita è finita!" Quanti cocci per terra e quanto sporco e quanta acqua. E poi ci sono quelli che ti sussurrano: "centocinquantalagallinacanta" senza conoscerne neanche il significato, ma dico io, un modo più originale, dite per esempio: "omiabelamaduninachebrilidaluntan", da buona abruzzese li avrei respinti subito, eppure mi è mancata quella bella statuina abbarbicata tra le guglie. Ecco l'India dei colori. Ma cosa ho visto se non lo spirito di pace che vaga libero in tutte le terre dell'Asia, dov'ero se non sotto il sole caldo, ma dolce, con chi ero se non con i popoli sorridenti e gentili di una parte di mondo, altro che indiana. Ero un pò tra le colline e le bandierine tibetane, un pò tra il caos delle stazioni affollate dallo sconvolgente manto umano, un pò avvolta nel silenzio, seduta sull'orlo di una vasca gigantesca in marmo bianco a riprendermi la pace. Ero a pezzi tra il sudore e la lotta, tra il mio corpo e la mia testa, tra il mio amore e il presente. Ero noi due insieme e lui eravamo noi due ancora insieme. L'India, come niente di più.

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