Thursday, June 09, 2011

107. Matilde

Era buffa e a tratti grottesca; era quella che è sempre nella sua realtà, quella che ama i contorni ma decisi; era quella che tremando di paura sembrava che tremasse di vecchiaia; era cupa come le nuvole prima di un temporale, forte come il temporale che arriva, in pace quando nuvole e temporale volano via. Era sincera, aspra e in tutti i momenti con la testa piena di piombo, pronta a scalfire ogni minimo barlume di potere per accoglierlo a se ed impadronirsene, per ricoprire il corpo di uno strato indissolubile, protettivo, pronto a qualunque forma di guerra. Si agitava mentre gli altri si muovevano e si arrestava se gli altri si bloccavano, andava a destra e poi a sinistra in un continuo di movimenti enormi. Le braccia abbracciavano, i piedi calpestavano, il petto urlava, la schiena gobba appesantiva la voce e il respiro ghiacciava ogni pensiero. Il fare, il suo fare era tutto quello che avrebbe fatto. La sua mente non esisteva, era sola, sola senza appigli. La sua testa era nullità, il pensiero era nullità. Dov'era il suo corpo era tutto il resto, le luci, le voci, il calore, l'amore, la fierezza, la vitalità. Era ingorda di apparire nel suo vero motivo, nel suo essere in quell'istante, in quel presente. Essere qualcosa. Era lei, era la mia, ero gelosa che qualcuno me la portasse via, possessiva verso la sua metamorfosi, avida fino alla fine per le molte cose che avrebbe potuto ancora scoprire e per le innumerevoli che aveva conquistato.

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