Saturday, March 20, 2010

92. terapia d'urlo

C'era una volta una scatola nera, una gigantesca scatola nera, ma per quanto gigantesca fosse, all'interno si trovava un essere umano, quindi in realtà era piccolissima, minuscola.
L'esser umano era intrappolato su un territorio vuoto, senza alberi, senza fiori, senza luce solare e senza un compagno per condividere la vita.
L'essere spiazzato faceva giri su se stesso e non voleva fermarsi, continuava a girare perchè credeva che in qualche modo lo spettacolo intorno a se cambiasse, girava, girava fino a farsi girare la testa e fino a perdere l'equilibrio e girava ancora, non riusciva più a concentrarsi e a stare in piedi. La testa si svuotava e tutti i pensieri finivano nella pancia, le pupille, rivolte verso il basso, si muovevano velocemente e poi tornavano su all'improvviso, in un vorticoso gioco di sguardi. Ad un certo punto si bloccava, il corpo ondeggiante cercava di stabilizzarsi come se dall'ombelico lo tenesse un filo, il collo cadeva all'indietro, le ginocchia a terra, le braccia morte. Ma sentiva, sentiva il battito del suo cuore, sentiva la liberazione del respiro, aveva dentro di se una forza inenarrabile, qualunque rumore intorno a se si trasformava in suono, qualunque movimento diventava danza.
Il filo lo spostava. All'inizio si schiantava verso le pareti, poi cadeva e batteva i pugni al suolo, si rialzava e correva verso altre direzioni, lo sguardo era spaventato e nella profondità della notte inquadrava sottilissime particelle di luce. Le prime ombre iniziavano a stargli dietro e lui le rincorreva, cercava di acciuffarle, di abbracciarle. L'ansia aumentava, la paura cresceva e il respiro si faceva sempre più forte, più rumoroso. Il soffio dalla bocca diventava voce e piano, piano si apriva ad un tono sempre più alto e arrivava in poco tempo ad un incontrollabile urlo, le braccia in aria, lo sguardo finalmente dritto davanti a se, la faccia corrugata, stanca.
Il cuore vivo.

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